Liberare la propria bellezza

Liberare la propria bellezza | Articolo di Franco Bottalo

Quando si porta avanti un lavoro su di sé, sia esso corporeo, psichico o spirituale, con l’idea di consentire a parti di noi non consapevoli di emergere e manifestarsi, si pensa spesso che quello che andremo a liberare siano i lati oscuri, tenebrosi della nostra personalità e individualità. Si ha l’idea che ciò che emergerà saranno cose terribili che avevamo tenuto nascoste perché ci facevano paura, cose con cui facciamo fatica a confrontarci perché dolorose e che ci richiedono di cambiare alcuni dei parametri della nostra vita; cose con le quali non volevamo confrontarci e con cui ora possiamo e dobbiamo confrontarci.

Ma il lavoro su di sé non porta solo a questo, e anzi potremmo dire che non è questo l’aspetto più importante, anche se è quello su cui si tende a metter maggior enfasi o addirittura a considerarlo l’unico in questo nostro percorso di ricerca.

In realtà questa nostra ricerca, questo nostro sondare in profondità, questo andare a scavare impietosamente, ha lo scopo di portarci in contatto con qualcosa di totalmente differente e in qualche modo complementare a tutto ciò. Ha lo scopo di portarci in contatto con quello che davvero siamo. Ha lo scopo di far emergere la meraviglia di quello che siamo e che in qualche modo abbiamo finora negato di essere. Ha lo scopo di liberare la nostra bellezza.

Quando il percorso individuale di apertura di aree che tenevamo chiuse ci porta in contatto con questa bellezza, possiamo anche esserne sconvolti. Entrare in contatto con tutto questo può anche portarci a piangere. E’ come riabbracciare il figlio prodigo che se ne era andato di casa. E’ come ritrovare un amico che pensavamo perduto o morto. E’ come buttarsi da una vetta e scoprire di saper volare, e di volare alto. Nulla è più come prima, almeno per un po’. C’è un senso di vastità, e in questa vastità è anche possibile sentirsi smarriti. Si aprono possibilità che non pensavamo di avere, sentiamo di non essere quello che abbiamo pensato di essere e allo stesso tempo non sappiamo bene cosa e chi siamo.

E viene da chiedersi: “ma perché tener nascosta la bellezza?”. Facile capire perché tenere nascosti aspetti che non ci piacciono e che preoccupano, ma perché nascondere la propria bellezza? Di solito si nasconde la bruttezza, non la bellezza.

Nella tradizione confuciana si parla di come le nostre emozioni, intese in senso patologico, possano portarci alle corrispondenti virtù: la collera che diviene compassione, la paura  che diviene fede, l’ansia che diviene rettitudine. Il brutto anatroccolo che diviene un cigno. E’ entrando nell’oscurità che possiamo trovare la luce. Queste sono cose che si dicono e sono bellissime.

Ma perché abbiamo usato l’oscurità per occultare la luce? Perché nascondere a noi stessi la nostra bellezza? Perché non attingere appieno alle nostre risorse?

E’ come quando ci troviamo di notte a guardare una stellata nella natura o la luna piena che trafigge l’oscurità con la sua potenza silenziosa, o quando contempliamo una vetta in montagna da dove lo spazio si estende senza confini, o quando guardiamo il potere del mare in tempesta. Guardiamo queste meraviglie e sentiamo il nostro Cuore restringersi. Sentiamo che è troppo per noi, sentiamo di non essere adeguati a tutta quella potenza rivestita di bellezza. Lo stesso accade quando troviamo l’Infinito dentro di noi anziché fuori di noi. Sentiamo che è troppo. Ci spaventa la nostra potenza. Ci spaventa sentire che possiamo andare oltre i limiti che ci siamo imposti o che la vita ci ha imposto. Navigare in mare aperto può essere esaltante o terrorizzante; ma se navighiamo in mare aperto dobbiamo essere disposti ad andare lontano.

E se riusciamo a superare questo timore, proprio come quando di notte guardiamo il cielo stellato infinito, possiamo riuscire ad entrare in una dimensione diversa. Una dimensione in cui in realtà non c’è nessun sforzo, non c’è qualcosa da dover fare, non c’è qualcosa da dover conseguire e ottenere. C’è solo da contemplare il Cielo stellato infinito e perdersi in esso. C’è solo da contemplare la nostra bellezza e danzare con lei.