Stabilità e impermanenza

La vita scorre davanti a noi e dentro di noi, e porta cose che ci piacciono e altre che non ci piacciono affatto; più spesso porta cose che non ci piacciono. Abbiamo qualcosa di bello e vorremmo che durasse per sempre: una condizione economica tranquilla, un amore, un’amicizia, un lavoro, la salute. Siamo in uno stato d’animo di gioia e amorevolezza, di pace e serenità, e vorremmo che durasse per sempre. E naturalmente non dura per sempre. E poi abbiamo le cose che non ci piacciono: siamo agitati e ansiosi, o tristi e depressi, in certi casi riusciamo anche ad essere ansiosi e depressi e tristi, tutto insieme. E non ci piace essere così, e anche se sappiamo che anche questo stato passerà, siamo a disagio.

Tutti i saggi di tutti i tempi hanno detto che la vita è impermanenza, cambiamento, incessante movimento. Cambia il tempo, gli umori, la condizione economica e quella affettiva, lo stato di salute. I saggi dicono anche che dobbiamo riconoscere l’impermanenza intrinseca in ogni aspetto dell’esistenza: è impermanente la vita e lo è anche la morte. Nella tradizione cinese esiste un testo molto antico, I Ching, il libro dei mutamenti, che è basato su questo, e un medico antico, Sun Si Miao, affermò che non si può praticare davvero bene l’arte medica senza studiare l’I Ching.

Spesso però quando pensiamo all’impermanenza siamo confusi e spaventati; perché quello che noi tutti cerchiamo è qualcosa di solido e fermo. Se amiamo qualcuno e qualcuno ci ama vorremmo che fosse per sempre; se abbiamo una condizione economica agiata vorremmo che durasse per sempre; se godiamo di buona salute vorremmo vivere per sempre. Viviamo nell’impermanenza e cerchiamo la permanenza, le cose solide e definite, perché le cose solide e definite ci fanno sentire a posto.

Viviamo quindi questa contraddizione di fondo che può a tratti trovare appagamento perché il mondo esterno pare effettivamente muoversi come noi vorremmo: ecco finalmente ci siamo laureati, ora si che sentiamo di aver acquisito solidità, oppure abbiamo finalmente un lavoro o una relazione affettiva che ci appaga, oppure siamo in buona salute fisica e ce la godiamo. Ma poi dopo un po’ qualcosa non funziona, qualcosa cambia e turba il nostro precario equilibrio.

Abbiamo un intenso bisogno di stabilità, ma troviamo solo cambiamento. Possiamo allora renderci conto che stabilità e permanenza non sono necessariamente la stessa cosa e che forse proprio per poter accettare fino in fondo l’intrinseca impermanenza della vita dovremmo riuscire a trovare stabilità in noi; trovare un centro solido che non si turba nel continuo e incessante movimento della vita. Come lo sciatore che pur ondeggiando continuamente e adattandosi ai cambiamenti del terreno rimane sempre centrato su di se e così non cade e se cade si rialza facilmente. O molto più semplicemente come quello che facciamo ogni volta che effettuiamo un passo: ci sbilanciamo in avanti perdendo equilibrio per poi ritrovarlo dopo poco grazie ad un senso interno di centratura.

Tutti noi vogliamo la pace e la serenità, ma la cerchiamo nelle cose fuori: vogliamo una relazione che sia pacifica e armoniosa, vogliamo un mondo in pace e armonioso, vogliamo che le persone attorno a noi e l’ambiente in cui viviamo ci portino pace. E poi forse ci è capitato di essere in condizioni esterne ottimali, come contemplare un tramonto in una calda sera di giugno in riva al mare, eppure sperimentare un senso di angoscia e struggimento anziché di pace. Allo stesso modo possiamo aver incontrato persone che pur in condizioni che oggettivamente definiremmo di difficoltà e conflitto emanano un senso di pace. Una volta il Maestro Jeffrrey Chong Yuen disse che il più grande terapista è quello in presenza del quale le persone stanno meglio perché trasmette un senso di pace.

La domanda è allora come possiamo essere stabili nel cambiamento, o in altri termini: cosa è stabile e cosa è mutevole? Esiste un nucleo che non si modifica in base agli eventi esterni ed interni? Esiste

qualcosa di permanente nel cambiamento? E se esiste come posso esservi in contatto?

I Maestri dicono che per trovarlo dobbiamo riuscire ad entrare in contatto con la profondità che è in noi stessi. Non è qualcosa che può venire da fuori e non è qualcosa che possiamo intenzionalmente ricercare. Nel Taoismo, che ama molto le apparenti contraddizioni, si dice che dobbiamo lascia andare tutto quello che siamo per poter scoprire ciò che davvero siamo e siamo sempre stati.

Se come me ancora non l’avete trovato, potete limitarvi a procedere passo dopo passo, disposti a perdere l’equilibrio per poi ritrovarlo, in contatto con l’impermanenza senza farcene travolgere!