Ansia

Stesi nel letto senza che il sonno possa aver luogo. La mente che viaggia da un punto ad un altro. Il petto che si sente costretto e il cuore che batte, forte. Un senso generale di disagio e di preoccupazione: i pensieri che viaggiano sempre verso gli stessi punti, verso le stesse ossessioni; attorno al tema di base dell’ansia che stiamo vivendo.

Può essere qualcosa di fisico come una malattia che preoccupa, qualcosa legato alle risorse economiche, ad una persona, ad un figlio, ad un cambiamento che sta per arrivare o che non arriva. A volte la causa è precisa e definita, altre piuttosto vaga e indeterminata.

Il corpo è tutto in uno stato di sospensione, di incapacità a muoversi con concretezza e determinazione. C’è qualcosa che sentiamo minaccioso e rispetto al quale sentiamo di non poter fare nulla; e allo stesso tempo non possiamo accettarlo. Ci sentiamo traditi dalla vita, impotenti, senza risorse; in balia di un destino che non riusciamo a comprendere.

La notte poi espande e amplifica le nostre preoccupazioni. Abbiamo paura, ma non è una paura definita e chiara. Abbiamo paura di non farcela a fronteggiare la situazione che la vita ci presenta. C’è un senso di impotenza e la possibilità, o la probabilità, che qualcosa di brutto possa accadere, a noi o alle persone che amiamo e che ci sono attorno.

Ed ecco che ci chiediamo che cosa possiamo fare, e la risposta è nulla. Proviamo a spostare la mente su altro, ma la mente e anche il corpo ritornano sulla fonte della nostra ansia, a volte in modo più fisico a volte con processi mentali ossessivi. Ma non troviamo soluzione perché non c’è soluzione. E l’ansia esprime proprio questo: il non poter fare nulla per qualcosa che si sta verificando.

Nell’ansia c’è paura, c’è preoccupazione, c’é il tentativo di cercare con la mente una via di uscita che non c’è. E allora l’ansia aumenta, il petto è tutto costretto, la mente confusa, i pensieri ossessivi. C’è un senso di sfinimento impotente.

L’ansia non ci offre possibilità di liberazione, come ad esempio la collera con lo sfogo, o la tristezza attraverso il pianto, o la paura con la fuga da ciò che ci spaventa; non movimenti risolutivi ma che possono ridurre l’intensità dell’emozione provata.

Quello che si rende necessario allora è un senso totale di ricentratura. Dobbiamo trovare il centro che con l’ansia abbiamo smarrito. Qualcosa su cui ci appoggiavamo solidi non c’è più, piccolo o grande che sia, ed è necessario trovare un nuovo centro su cui poggiare, una nuova base che ci dia sostegno. Forse ci troviamo a confrontarci con una malattia che ci sorprende a tradimento, e vorremmo essere sani come prima; forse è il confronto con una condizione economica che è mutata o che sentiamo potrebbe mutare, forse è una persona il cui comportamento ci disorienta perché ci sta lasciando o perché ci chiede qualcosa di nuovo, forse è un lavoro a turbare i nostri equilibri, forse il disagio di una persona che amiamo e per cui vorremmo fare molto e possiamo fare poco.

Qualunque sia il tema, quello che accade è che ci dobbiamo ricentrare e per farlo dobbiamo trovare in noi una sorta di nuova “rettitudine”, una nuova capacità di essere noi stessi nella difficoltà che la vita ci sta facendo sperimentare. Non è soltanto questione di trovare un centro, ma piuttosto di trovare in noi delle risorse che non pensavamo di avere o che non eravamo in grado di attivare.

L’ansia ci pone di fronte ad una sfida della vita e questa sfida ci richiede di essere in qualche modo nuovi e diversi. A volte ci vuole tempo, a volte molto tempo. Dipende dall’entità della questione di fronte a cui l’ansia ci pone, ma anche dalla nostra capacità di trovare in noi un senso di rettitudine, di integrità che va oltre la contingenza con cui ci stiamo confrontando. In casi estremi, come una malattia fisica grave, vuol ad esempio dire riuscire ad accettare di poter morire o di non poter essere più quello di prima, come nel caso di un incidente o malattia invalidante. Accettare di poter morire ma non per questo arrendersi alla malattia; come un guerriero che affrontando il combattimento tiene conto di poter morire ma lotta per vivere. In casi più limitati e piccoli questa integrità diventa la capacità di confrontarsi con il problema senza pretendere di risolverlo, ma sapendo che quello che noi siamo va oltre il problema stesso, che possiamo appunto essere “integri” e cioè completi a prescindere dal problema che stiamo vivendo e che ci causa ansia.

Forse l’ansia, di tutte le turbe emotive, è la più subdola: si infiltra in noi a volte gradualmente a volte di colpo prendendosi man mano tutto lo spazio, fino a poter diventare il tema dominante dei nostri pensieri e della nostra esistenza. E’ come una nebbia che pervade tutto e copre tutto, rendendo tutto indefinito e vago. E’ necessario allora il vento della nostra integrità per riportare il sole a brillare e a lasciarci vedere di nuovo il cammino da percorrere.