Imparare a piangere

“Le lacrime sono l’acqua che libera, trasporta e purifica le emozioni”.

L’acqua di sua natura scorre continuamente: prende, trasporta e purifica. Ogni volta che vogliamo pulire qualcosa usiamo l’acqua come mezzo di trasporto; ma l’acqua contiene anche la memoria di ciò che incontra e avvolge. E l’acqua ha l’umiltà di andare verso il basso, ma così facendo scorre senza fatica superando qualsiasi ostacolo fino ad unirsi all’oceano delle infinite possibilità.

Piangere può divenire tutto questo: non è solo liberazione di qualcosa, è anche l’avvio del processo di purificazione dell’emozione che era chiusa in noi e del suo trasporto nel mare della consapevolezza.

Anche se spesso si associa il pianto all’emozione della tristezza e del lutto, di fatto si può piangere per qualsiasi emozione. Si può piangere di rabbia, di paura, di preoccupazione, di ansia e di dolore in genere. Si può piangere anche di gioia.

Il pianto è il primo uso del respiro da parte del neonato che è venuto al mondo: piange per il luogo confortevole che ha lasciato, piange per la fatica della vita che ha davanti, ma piange anche per liberarsi del passato e aprirsi alle possibilità del futuro. E piangendo attiva pienamente i Polmoni, che sono quelli che lo mettono in relazione con il mondo esterno.

I bambini piccoli piangono spesso e lo fanno in modo molto intenso; ma allo stesso tempo sanno poi magicamente andare oltre quel pianto, oltre quell’emozione che essendosi liberata non fa più paura. Possono piangere per un dolore fisico, per essersi sentiti abbandonati o per avere fame. E poi, dopo un attimo, eccoli sorridere gioiosi: tutto è passato. E allora quello che prima era pianto diviene voce e anche canto; dalla liberazione del dolore alla meraviglia per il mondo.

Possiamo poi notare che molte volte quando si piange liberamente, si verbalizza anche qualcosa. Spesso è una frase singola che si ripete più volte, come un mantra, che sta proprio liberando l’emozione profonda, o, più che l’emozione, il nostro vissuto profondo. Magari diciamo che vorremmo morire, o che non ne possiamo più, o che tutto è fatica, o che vogliamo leggerezza o che vogliamo qualcosa d’altro o che non vogliamo più nulla. Qualcosa si libera dal profondo e a volte ci spaventa, perché ci pare che quella cosa non siamo noi. Come “vorrei morire”, io che credo così tanto nel senso della vita? Come “lasciatemi in pace, lasciatemi in pace”, io che amo essere circondato dalle persone? Come “nessuno mi ha mai amato”?

Altre volte possono essere delle immagini che ci compaiono davanti, di persone o di situazioni che possono ulteriormente alimentare il nostro pianto o al contrario farlo estinguere. Possono essere anche sensazioni corporee: sentiamo il nostro corpo o una sua parte come non l’avevamo mai sentito.

Sì, esce qualcosa che non riconosciamo forse come nostro perché era nascosto e finalmente si libera. E a volte ha bisogno di tempo per farlo.

Finito il pianto viene poi spesso un senso di sfinimento; come alla fine di una febbre o quando si vomita. In un certo senso è proprio quello che abbiamo fatto con il pianto, come con la febbre o il vomito: abbiamo trovato un veicolo per liberare qualcosa che ci tormentava e intossicava.

Abbiamo fatto i conti con qualcosa che era stato messo da parte da tempo e questo ci fa sentire disorientati, smarriti. Ci si sente strani, qualcosa in noi è cambiato.

A volte poi il pianto ritorna più e più volte; anche per mesi, se la condizione di fondo è davvero profonda. Bisogna allora avere pazienza e anche stare attenti da un lato a non farsene travolgere e dall’altro a non farlo diventare parte di noi, un’abitudine in cui in qualche modo ci crogioliamo.

Ci può volere tempo, ma poi finirà e qualcosa sarà cambiato. Si piangerà ancora certamente, ma non per la stessa cosa.

Se siamo molto fortunati, possiamo piangere con qualcuno che ci assiste. Può essere il nostro partner, un amico o anche un terapeuta. Più spesso però si piange da soli.

Piangere è consentire alla nostra Anima di cantare; per quanto faticoso, è un canto liberatorio, che dapprima porta fuori il dolore e la fatica, ma poi sotto, qualcosa di profondo e vitale può prendere spazio, si apre una porta verso la libertà e allora il pianto diventa un canto di gioia e leggerezza.

1 thought on “Imparare a piangere”

  1. È meraviglioso, introspettivo questo pensiero, ci pone difronte alla nostra vita più profonda e intima, a noi stessi.
    Grazieeeeee

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