La risposta del silenzio

Una persona è in disaccordo con noi ed iniziamo una discussione senza fine in cui di fondo ognuno dei due vuol solo convincere l’altro delle proprie idee, o forse convincere se stesso delle proprie idee.

Una persona ci aggredisce verbalmente, e noi tendiamo a nostra volta ad aggredirla verbalmente, a ribattere punto per punto a quello che dice e afferma. Ci sentiamo minacciati e ci difendiamo, finché ad un certo punto non conta neppure cosa viene detto, ad un certo punto non sentiamo più l’altro e infine non sentiamo più nemmeno noi stessi.

Siamo così abituati a rispondere a parole con altre parole, a dover spiegare e motivare, convincere, far capire, che non ci rendiamo conto che forse esistono altri modi per dialogare con l’altro. Ad esempio il silenzio.

L’idea del silenzio come risposta è presente in diverse tradizioni religiose e filosofiche. Il silenzio  può divenire un invito ad una pausa di riflessione, un modo per consentire alla parola detta, o ai pensieri sviluppati mentalmente, di svolgersi completamente e di esaurirsi.

Nel silenzio possiamo da un lato consentire alla parola dell’altro di entrare dentro di noi e di espandersi, e dall’altro di stemperarsi e diluirsi. Possiamo sentire nel silenzio cosa davvero ci viene trasmesso con la parola e oltre la parola, e forse anche permetterci, evitando ogni reazione, di vedere cosa vi può essere di vero e appropriato in quanto ci è stato detto.

Ma d’altro canto il nostro silenzio consente anche all’altra persona di non avere “ulteriore carburante” per la sua reattività aggressiva. Il silenzio può allora fare da specchio all’altra persona per poter vedere davvero quello che sta facendo, per sentire davvero qual è il suo stato d’animo, per ascoltare fino in fondo il peso di quello che sta dicendo o ha detto.

Il silenzio verbale diviene allora un invito per noi e per l’altra persona a creare un silenzio interiore, uno spazio vuoto in cui le cose possano scorrere senza impedimenti e pregiudizi, in cui il dialogo della mente si possa chetare per un po’, un momento in cui non si senta il bisogno di dimostrare qualcosa a se stessi o agli altri, in cui l’io venga messo da parte, fosse anche solo per un  istante.

Non  è facile coltivare la risposta del silenzio, anche se apparentemente lo è. Perché il silenzio può anche divenire un muro, un blocco, un rifiuto; lo stare zitti come sfida all’altro. Oppure il silenzio come senso di impotenza, di incapacità a dire qualcosa, di smarrimento. E’ importante che la risposta del silenzio non diventi né una sfida né una sottomissione, ma appunto uno strumento per consentirci di “non aggiungere legna al fuoco” e di entrare in uno stato differente da quello dell’animosità e del conflitto, per dare spazio all’ascolto.

Il dialogo verbale poi avviene anche nella nostra mente che attiva un continuo dialogo interiore con se stessa, e parte di questo dialogo è spesso porci delle domande rispetto alle quali sentiamo il bisogno, a volte impellente, di una risposta. Ci chiediamo cosa fare in una data situazione, come comportarci, quale strada prendere, quali risposte dare ad altre persone, quale soluzione trovare ad un nostro problema. Ci poniamo delle domande e ci aspettiamo da noi stessi delle risposte, e spesso una risposta attiva altre domande e ci agitiamo e ci sentiamo confusi. Si attiva in questo modo la stessa dinamica del dialogo verbale a due, solo che è tutto interno; ma anche qui ci attiviamo molto e ascoltiamo poco, forse perché ascoltare ci fa paura. Anche qui allora è necessario essere disposti a porsi la domanda senza pretendere una risposta, ma piuttosto sapendo ascoltare quello che la domanda stessa implica e attiva, osservando da dove viene e verso dove si sta muovendo e come, e in quale misura ci richiede, perché possa maturarsi una risposta, di cambiare qualcosa in noi. Anche rispetto al nostro dialogo interno è quindi importante, almeno ogni tanto consentirci questo spazio vuoto e di non azione che possa consentire all’azione di svilupparsi pienamente.

Consentiamoci allora il silenzio. Lasciamo vibrare la domanda, verbale o interna nostra, come una voce nel deserto che si perde in lontananza. Non cerchiamo una risposta, non cerchiamo una soluzione, un conforto, una spiegazione. Diamo spazio ad un silenzio che non è solo assenza di parole, ma anche di pensieri ed emozioni, e così facendo potremmo scoprire che, nel silenzio, l’intero Universo si china su di noi per sussurrarci la risposta.