Tornare indietro o andare avanti

Tornare indietro o andare avanti | Articolo di Franco Bottalo - Tao Alchemy

Può darsi, che arrivati ad una certa fase della nostra vita ci si rivolga indietro a guardare al passato, a quello che abbiamo fatto e vissuto e provato e ci venga la riflessione che se potessimo tornare indietro cambieremmo alcune cose, o forse tante cose.

Forse abbiamo scelto di fare carriera e ci ritroviamo anziani senza figli e vere relazioni e se potessimo tornare indietro decideremmo di fare una famiglia e di centrarci sugli affetti. Forse avremmo voluto diventare musicisti e invece abbiamo fatto tanti soldi e ora non sappiamo cosa farcene. Forse abbiamo dedicato la vita alla musica e ora siamo anziani e senza soldi e se potessimo tornare indietro vorremmo fare tanti soldi. Forse abbiamo vissuto tutta la vita in città e ora pensiamo che sarebbe stato meglio vivere in campagna a contatto con la natura. Forse abbiamo speso l’intera vita in un piccolo borgo e sentiamo ora il peso della vita di provincia stando sempre nello stesso luogo e se potessimo tornare indietro, con la saggezza che abbiamo ora, viaggeremmo tutto il tempo a scoprire ed esplorare il mondo.

Forse queste riflessioni ci giungono ad una età in cui potremmo ancora cambiare vita, ma non ci sentiamo di farlo, o più facilmente le abbiamo da anziani, e sentiamo che comunque non potremmo cambiare molto della nostra vita per quanto coraggio si abbia. E poi certe cose, a prescindere dall’età che abbiamo, sono ormai compiute e “non si può tornare indietro”.

Bene, stiamo tranquilli, possiamo tutti tornare indietro a realizzare tutto quello che sentiamo di non aver potuto realizzare. Si torneremo indietro in una nuova vita a fare proprio le cose che non abbiamo fatto in questa. Almeno questa è la visione che ci viene dal pensiero orientale con l’idea delle più vite di un’Anima individuale. Nella tradizione indiana tutto questo è descritto come la ruota del Karma, la ruota delle reincarnazioni. Nel Taoismo invece si parla di “lavoro non compiuto”, cose che sentiamo di non aver realizzato. Nella tradizione Buddista si parla dei desideri che ci portano a rinascere. Penso che l’idea di fondo sia la stessa.

Certo il farlo richiede certi passi, alcuni anche piuttosto faticosi. Intanto bisogna finire questa vita ed entrare nella morte. E poi bisogna ripartire da capo: per nove mesi nel ventre di una donna e poi portare per un certo periodo di tempo dei pannolini e imparare di nuovo a metterci in piedi e camminare e parlare e ad andare in bici e forse studiare o lavorare. Insomma un percorso piuttosto lungo e complicato per poter tornare a realizzare quello che sentiamo di non aver realizzato in questa vita. E probabilmente, vivendo questa nuova vita, quando saremo giunti anche lì ad un punto di svolta e guarderemo al passato, ecco che troveremo che di nuovo certe cose le avremmo volute vivere diversamente e creeremo così le premesse per una ulteriore nuova vita; avviando così un processo che sembra non aver fine.

Per questo motivo rivisitando la vostra vita con le scelte fatte e le esperienze vissute, pensateci bene prima di dire di voler cambiare qualcosa del passato. Perché l’unico modo di cambiare il passato è di farlo diventare futuro.

Ma i saggi dicono che esiste anche il presente. Tutti diciamo che esiste il presente, poi però viviamo nel passato o nel futuro. Perché passato e futuro sono più “confortevoli” per noi. Sono più confortevoli perché non esistono davvero e non esistendo ne possiamo fare quello che vogliamo. Il presente invece esiste ed esiste con una forza che davvero non conosciamo. Il presente ha una forza creativa immensa che spesso ci spaventa. Possiamo pensare per anni di fare un figlio, possiamo fantasticare su quando e come farlo o riflettere sul passato in cui non l’abbiamo fatto, ma poi basta un istante di presente per attivare la danza cosmica che crea una nuova vita. Essere pienamente nel presente non è una cosa “carina”, è una forza dirompente che annulla futuro e passato, e annullandoli annulla la vita come normalmente la intendiamo. Perché siamo abituati a pensare all’esistenza come uno scorrere nel tempo e cioè in termini di passato e di futuro, ma il presente li annulla entrambi e ci porta verso l’eternità, e l’eternità ci spaventa perché nell’eternità noi, come individui, non esistiamo più.

Ma senza arrivare a questo, possiamo forse riuscire a guardare al passato, non come qualcosa da cambiare o negare, ma semplicemente come il percorso che abbiamo fatto e che ci ha portato dove siamo ora. Guardiamo al passato senza rimpianti o recriminazioni, senza giudicarci o sminuirci, senza fare confronti con quello che hanno fatto altri o con quello che avremmo potuto fare noi. E poi, se ci riusciamo, guardiamo al futuro, consapevoli che il futuro si crea in questo presente. E allora sorridiamo, diamoci una pacca sulle spalle, respiriamo profondamente e prepariamoci a camminare, guardando bene, passo dopo passo, dove mettiamo i piedi.