La tartaruga e la rana di Chuang Zi

Riprendono, dopo una pausa di circa due anni,
gli articoli di Franco.

Lo spunto per i primi articoli viene da un famoso testo Taoista:
lo Zhuang Zi (o Chuang Tsu).
Il titolo deriva dal nome del suo autore, Zhuang Zi appunto.
Per chi fosse interessato, il testo completo è disponibile tradotto in Italiano sia da Adelphi che da Mondadori.

Buona lettura a tutti.

Chuan Zi è uno dei quattro grandi saggi del taoismo del periodo storico degli Stati combattenti, vissuti circa nel 4° secolo avanti Cristo; come il più noto in occidente Lao Zi, autore del Dao De Jing (o Tao Te Ching).

Zi vuol dire saggio ma anche bambino. Perché il saggio è colui che torna alla spontaneità originale del bambino. Anche se magari alcuni di noi da bambini già si sentivano addosso la complessità dell’adulto.

Chuang Zhi era molto trasgressivo nel suo parlare e nel suol vivere; amava il paradosso e confutare i luoghi comuni. Una sua frase molto famosa è “Un cane non è un buon cane perché abbaia; un uomo non è un saggio perché sa parlare bene”. Oppure “sapere che vi sono delle cose che non si possono conoscere; questo è il sommo sapere”.

Parlava molto anche per storie e immagini e nel testo a lui attribuito, che porta appunto il suo nome, fra le tante cose parla di una rana e di una tartaruga.

Una rana vive in un piccolo pozzo in cui non le manca nulla: c’è l’acqua, ci sono mosche e moscerini che può mangiare e altre rane la vengono a trovare. Una vita semplice e felice. Un giorno al pozzo arriva una tartaruga. Arriva dal grande Oceano, è una testuggine di grandi dimensioni. E la tartaruga inizia a raccontare alla rana dei luoghi da cui è arrivata viaggiando. Le racconta dell’Oceano e della sua vastità, delle possibilità infinite che presenta. La rana ascolta interessata, sentendola parlare di cose di cui lei non aveva mai sentito parlare. Poi la tartaruga propone alla rana di partire con lei per fare ritorno alla vastità dell’Oceano; e la rana ci pensa e poi le dice che sta bene dove è: non le manca nulla ed è felice nel suo piccolo mondo.
La tartaruga poi prova ad entrare nel pozzo della rana; ma per lei è troppo stretto.

Riflettendo su questa storia, come prima cosa possiamo chiederci se ci sentiamo più come la Tartaruga o come la Rana. Non pensiamo a cosa vorremmo essere o ci piacerebbe essere, pensiamo a come ci sentiamo.

Perché spesso, quello che accade, è di essere affascinati dall’idea della vastità, ma di amare e cercare poi il conforto del conosciuto e ripetuto. Abitare in un luogo che ci piace, circondati da persone con cui ci troviamo bene e con cui ripetiamo un poco le stesse cose, percependo come questo ci faccia sentire protetti e a posto. Sì, la vastità sarà bella e affascinante, ma che fatica. E poi scopriamo che la fatica c’è comunque, anche quando proviamo a stare nel conosciuto e famigliare.

La rana pare essere felice non meno della tartaruga. E noi? Noi spesso riusciamo a non sentirci a posto sia che si stia nel conosciuto, sia che si voglia andare oltre.

Anche cosa sia il pozzo e la vastità dell’Oceano è relativo. Forse viviamo in un mondo che ci pare di vastità, magari perché abitiamo in una grande città piena di stimoli diversi, di possibilità diverse, di opportunità diverse, ma poi facciamo e cerchiamo sempre le stesse cose, ci frastorniamo pensando di vivere una vita intensa, ma è solo un’apparenza. O invece riusciamo a cogliere le possibilità infinite che ci stanno attorno.

Forse viviamo in un piccolo paese con un piccolo bar e con piccole amicizie; ma è possibile che attraverso il piccolo si giunga a cogliere il grande. Oppure addirittura viviamo in una grotta, che sembra il posto più simile al pozzo della rana con le sue limitazioni; ma il nostro Spirito, proprio perché attorno non ha nulla, può aprirsi alla vastità dell’Infinito; o forse no.

Molti di noi nella vita hanno cercato il conforto e la routine, ma la vita poi ci ha fatto viaggiare diversamente; perché se ci crediamo esiste una cosa che è chiamata Destino e che ci fa viaggiare per le sue strade. O forse viviamo la contraddizione tra volere il conosciuto, ma al tempo stesso non sopportarlo e tra il cercare la vastità ed esserne spaventati.

Forse è questo che accade a tutti e che la storia di Chuang Zhi forse non ci dice. Lì pare tutto a posto: la rana prende i suoi aperitivi con gli amici, fa delle belle passeggiate (nel pozzo) e sta rilassata, e la tartaruga, saggia, conosce la vastità dell’oceano.

La tartaruga poi prova ad entrare nel pozzo ma è troppo grande e non ci può stare. E a volte è così, non è che non ci vada l’idea di stare nel piccolo, è che il piccolo è troppo piccolo per noi, e allora dobbiamo navigare. A volte spaventati, a volte sentendo di sbagliare tutto, a volte dispersi e confusi; ma sentiamo di dover navigare se non verso proprio l’Oceano almeno verso il mare.

Franco Bottalo – Febbraio 2025

3 thoughts on “La tartaruga e la rana di Chuang Zi”

  1. Nessuno può trasformarsi da rana in tartaruga o viceversa,ma forse nella condivisione delle diverse visioni di vita, si può ricostruire i propri spazi e creare sogni diversi

  2. Belle considerazioni molto “taoiste”, ma siccome sono sempre un po’ contorto, e vista la moda delirante del transumanLGBGT!@&$quack!eccetera, ho pensato di ripensare a questa breve fiaba creando la Ranaruga e Tartana. I due animali mitici avrebbero avuto un momento di confusione evolutiva e, a causa di un citrullio spazio-temporale (in questo periodo ho letto fantascienza) si sono confuse qualità e caratteristiche. Tra l’altro volano, di conseguenza se ne stanno andando un po’ in giro in cerca di quieti luoghi ove meditare in santa pace e praticare il Tart-Gong e il Ran-Gong.
    A parte gli scherzi, grazie a Franco Bottalo di avere condiviso questa utile esemplare narrazione!

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