La Vecchiaia e il Brillare dell’Anima

Con il passare del tempo assistiamo impotenti al progressivo logorio di tutte le nostre strutture vitali, di tutto ciò che è sinonimo di vita. La capacità di procreare ed anche il desiderio sessuale calano e si estinguono, il funzionamento della mente, come memoria e come capacità di comprensione, si riduce e rallenta. Il fisico poi è quello che più ineluttabilmente di tutti mostra i segni del cedimento e dell’atrofia: i muscoli sono meno potenti e se sforzati si sbloccano, la solidità delle ossa è compromessa, il sistema circolatorio pompa con meno vigore il sangue. Inoltre sul nostro corpo si manifestano le “cicatrici” di quello che abbiamo vissuto nel passato. Cicatrici fisiche come quelle residue ad un trauma, un incidente o un intervento chirurgico; ma anche quelle psichiche e talvolta anche quelle spirituali. La vista declina e così pure l’udito, la nostra digestione richiede maggior attenzione rispetto ai cibi che mangiamo. La nostra capacità di lavorare e produrre si riduce, anche se a volte ci ostiniamo ad essere efficienti e produttivi ad oltranza.
Tutto ciò che è considerato simbolo di vita si affievolisce e ad un certo punto si estingue. L’unica cosa che aumenta sono le rughe, e a volte i sospiri rispetto ad un passato che avremmo voluto diverso da come è andato. E infine arriva la morte.
Che senso ha invecchiare se appunto questo non ci consente più di vivere la vita pienamente? Non è un problema che si ponessero molto nell’antichità quando la vita media non superava i 45 anni, ma sta diventando il tema dominante di questo secolo caratterizzato da un impressionante invecchiamento della popolazione. Curiosamente, nel passato quando i vecchi erano pochi, esisteva in tutte le culture un profondo rispetto per questa fase della vita che ai nostri giorni si è perso. Non è difficile capire perché la parola vecchiaia nella nostra società sia diventata quasi un tabù. Essere vecchi è per definizione un insulto e dire ad una persona che sembra più giovane è per definizione un complimento.
Potremmo chiederci allora che cosa non invecchia con l’invecchiare del corpo. Esiste qualcosa che con il passare degli anni anziché ridursi cresca, al di la dell’età? Qualcosa che prenda finalmente lo spazio che prima non aveva forse avuto, qualcosa di più vitale della vitalità, qualcosa di più creativo della capacità di procreare, qualcosa di più intelligente del funzionare limpido della mente, qualcosa di più radicante di un solido e sano corpo?
Nella visione taoista l’Anima individuale (Ling) si radica in un corpo per poter portare avanti un percorso che le consenta certe esperienze attraverso l’interazione con il mondo, esperienze che diventano lo strumento per la crescita della consapevolezza, per la crescita e lo sviluppo dell’Anima stessa. Lavoriamo, studiamo, abbiamo delle relazioni affettive, proviamo passione e delusione per i vari eventi della vita; e infine arriva la vecchiaia.
La vecchiaia è il grande spazio di inventario, in cui non si tratta tanto di fare ma di lasciar andare, non si tratta tanto di creare cose nuove, ma piuttosto di consentire il processo di compimento o, se vogliamo un termine più duro, di distruzione di ciò che avevamo creato e curato. E’ un importante momento di “bilanci”: cosa davvero siamo riusciti a portare a compimento e cosa rimane invece come “materiale incompiuto”? Di cosa ci siamo alleggeriti e cosa invece pesa ancora su di noi? Cosa è risolto e cosa è invece ancora lì a tormentarci?
Nessun periodo della vita è facile e ognuno richiede risorse specifiche: l’infanzia ci richiede di apprendere rapidamente e di riuscire a farci nutrire dal mondo famigliare, l’adolescenza ci apre al fascino e al pericolo del mondo esterno alla famiglia, la fase adulta richiede il nostro impegno e dedizione per affermarci nel mondo esterno e portare a compimento le nostre mete. Ogni fase è meraviglia e struggimento. La vecchiaia ci richiede di saper accettare ciò che si è compiuto e di lasciar andare anche ciò che in qualche modo non riteniamo risolto come avremmo voluto che fosse; perché se così non è, tutto questo diventerà il materiale di base di una futura esistenza, di un’altra vita, per portare a compimento il “lavoro incompiuto” di questa.
Questo non vuol dire che la vecchiaia non sia un periodo di attività e di creatività; ma nella vecchiaia l’attività e la creatività sono, o dovrebbero essere, permeate di leggerezza, della capacità di stare nella cose con profondità e delicatezza senza appesantirle con il bisogno di perseguire qualcosa. Vecchiaia allora diviene la consapevolezza che il corpo che abbiamo, la mente che abbiamo, e tutte le nostre proprietà, materiali e affettive, hanno compiuto il loro ruolo e che quindi possiamo liberarci, almeno in parte, dal bisogno di conseguire, di conquistare qualcosa; ecco allora che possiamo rinunciare al mondo pur continuando ancora a farne parte, ed essere allora davvero liberi; ecco allora che possiamo finalmente consentire il brillare dell’Anima.