Che cosa ci anima

Cosa “anima” la nostra vita
Eccoci all’inizio del nuovo anno; alcuni di noi con molti buoni propositi o risoluzioni, altri semplicemente con il senso di rinnovarsi in qualche modo, altri ancora che semplicemente si preparano a vivere la vita così come arriverà.
Quasi tutti però, nel passaggio da un anno all’altro, ci interroghiamo in qualche modo su cosa ci stimola a vivere, e se quello che ci ha stimolato finora continuerà a farlo oppure no.
Diventa allora importanti chiederci, e non solo all’inizio dell’anno, che cosa davvero “anima” la nostra vita. Questo è un termine presente, per quanto ne so, solo nella lingua italiana: questa idea di “animare” come sinonimo di “dare vita”; come a dire che vivere voglia dire essere in contatto con la propria Anima.
Una delle cose che è fondamentale comprendere è che cosa definisce la nostra vita come tale, che cosa appunto la anima, che cose le da vita. E non solo persone diverse possono dare risposte diverse, ma anche la stessa persona potrebbe dare risposte diverse in diversi periodi della propria vita. Può essere ad esempio che per noi, in un certo periodo della vita, la cosa importante siano le nostre relazioni affettive; quanto sappiamo amare e quanto siamo amati da chi ci circonda. Può essere che sia il lavoro il fulcro della nostra esistenza, lavoro volto al conseguimento di agiatezza economica o al successo in un dato settore, o entrambi. O ancora potrebbe essere la bellezza o l’efficienza fisica, o altro ancora; uno o più di quelli che nella tradizione Taoista sono definiti i “9 Palazzi” (vedi su questo argomento anche la trascrizione, disponibile sul sito, della conversazione sui 9 Palazzi).
E’ importante che ci chiediamo che cosa da un senso alla nostra vita; e non si tratta di dare una risposta mentale, verbale, teorica, si tratta piuttosto di sentire che cosa davvero ci anima. E per capire cosa ci anima possiamo osservare che cosa ci da un senso di pace. Quando dico un senso di pace non intendo che tutto vada bene com’è, ma che fare quello che facciamo ci fa sentire a posto, ci fa sentire di star facendo la cosa giusta nel momento giusto. Possiamo avere questa sensazione mentre eseguiamo una forma di Qi Gong, mentre cuciniamo o chiacchieriamo, mentre facciamo una passeggiata, o anche mentre siamo dal dentista e persino mentre stiamo morendo.
Altre volte ci sentiamo a disagio in ciò che facciamo e sentiamo, questo ci fa capire che siamo in una fase di transizione. A volte il disagio ci deriva dalle cose del passato da cui non riusciamo a liberarci per muoverci nel nuovo. Altre volte il disagio deriva proprio dalle cose nuove che ci suonano strane, mentre quelle passate sono così rassicuranti da farci pensare che rappresentino la pace quando rappresentano in realtà solo una quiete apparente, la quiete del conosciuto. O ancora è possibile che il disagio nasca dal fatto che ci stiamo muovendo verso qualcosa di nuovo, ma che questo nuovo non è quello che serve a noi. Insomma una bella confusione!
Ciò che mi da inquietudine è soltanto la difficoltà a liberarmi di un passato ormai consumato e finito?
Ciò che mi da inquietudine è la paura del nuovo verso cui tendo, ma a cui non mi sento ancora pronto?
Ciò che mi da inquietudine è rendermi conto che il nuovo verso cui sto cercando di muovermi non è la cosa giusta per me, o perlomeno non lo è adesso?
Queste sono le tipiche domande che ci si pone in un momento di crisi, che può divenire un momento di cambiamento e di crescita personale. Purtroppo nessuno può darci la risposta giusta; dobbiamo trovarla noi, provando, sperimentando, sbagliando e correggendo.
Sempre vi è una parte di noi che vuol stare dove siamo, nella quiete e nel conforto del conosciuto, ed un’altra parte che soffre nei confini che ci siamo auto imposti (o che ci sono stati imposti dall’esterno) e vuole sperimentare il nuovo. Dobbiamo riuscire a capire se per la nostra crescita abbiamo bisogno di “stare nel conosciuto” poiché questo ha ancora delle lezioni da impartirci, o se è il momento di prendere il volo verso altro. A volte non è nemmeno necessario fare delle cose diverse, ma piuttosto fare le cose in un modo diverso. Non si tratta di cambiare il proprio compagno ma di cambiare il modo in cui ci rapportiamo al nostro compagno, non si tratta di cambiare i nostri genitori (cosa peraltro impossibile) ma di cambiare il nostro rapporto con i nostri genitori, non si tratta di cambiare il lavoro ma il modo in cui lo viviamo.
Altre volte invece cambiare richiede qualcosa di più drastico, definitivo: abbandonare una persona, abbandonare un lavoro, cambiare il luogo in cui viviamo.
Nel Taoismo è molto amata l’immagine dell’acqua. Si dice che l’origine della vita sia nell’acqua, che l’Anima si origini a partire dall’acqua e che l’acqua rappresenti le infinite possibilità della vita. Perché la caratteristica dell’acqua è di non avere forma e quindi di poter assumere tutte le forme. L’acqua non cerca nulla, ma è in grado di adattarsi ad ogni forma. L’acqua non può essere afferrata se non ponendola in un contenitore che col tempo corroderà per tornare ad essere senza forma. L’acqua rappresenta una forza elusiva e potente, che non fa rumore ma è in grado di sfondare qualsiasi ostacolo e barriera. E infine l’acqua è molto umile, in quanto tende a stare nel luogo più basso, ma tutti si chinano verso di lei per potersi abbeverare. Forse nei momenti di cambiamento, di passaggio, di crisi, possiamo provare ad essere come l’acqua o meglio possiamo metterci in contatto con la forza di quell’acqua che continuamente sgorga dentro di noi.