Nutrire la vita

Nutrire la vita (Yang Sheng)
Questo è uno dei temi ricorrenti nelle pratiche taoiste nel corso dei millenni. Il termine “nutrire la vita”, si presta a molteplici interpretazioni. Per molti è sinonimo delle pratiche di longevità e anche del conseguimento dell’immortalità, altro tema caro alla tradizione taoista.
Nutrire la vita vuol dire sostenere la vita, e per farlo dobbiamo innanzi tutto chiarirci cosa intendiamo per vita. Il tema è comune a diverse tradizioni religiosa, ma ciò che è specifico del Taoismo è l’enfasi posta sul coltivare, nutrire e curare anche il corpo fisico che il destino ci ha assegnato. Solitamente nelle altre tradizioni religiose il corpo è ritenuto sì uno strumento importante per i nostri conseguimenti spirituali, ma anche come qualcosa a cui non si deve porre eccessiva attenzione per non rimanere attaccati ad esso. Nel Taoismo invece si pone molta attenzione alla cura e alla coltivazione del corpo e di come, conoscendo e nutrendo meglio il nostro corpo fisico, possiamo nutrire e coltivare il nostro Shen, il nostro Spirito.
Nutrire la vita è associato all’idea di longevità, di poter vivere più a lungo, ma non si tratta, come a volte sostenuto, semplicemente di scegliere cibi ed esercizi che allunghino la nostra vita, ma piuttosto di una coltivazione interiore che ci consenta di divenire, attraverso i cibi che mangiamo e gli esercizi che facciamo, più consapevoli di noi stessi e dei processi che sostengono la vita, ed anche di quelli che la consumano. In ultima analisi si tratta di diventare più consapevoli di ciò che la vita è e rappresenta nella sua essenza. Ed il risultato percepibile di questo lavoro, di questa coltivazione, è un maggior stato di pace. Il Maestro Jeffrey Chong Yuen pone sempre molta enfasi sul fatto che ogni conseguimento spirituale, al di la dei fattori specifici che l’hanno consentito e sostenuto, è la percezione di un maggior stato di pace: “il miglior terapista è quello attorno al quale le persone si sentono in pace”.
Non è questione di ritirarsi su di un monte e mangiare solo radici e meditare; se tutto questo anziché darci pace ci da un senso di agitazione e di insoddisfazione, per quanto possiamo ritenerlo una pratica salutare ed “evolutiva”, vuol dire che non lo è per noi. Gli esercizi che pratico e l’alimentazione che seguo devono essere quelli a cui il mio corpo è preparato: lo stesso cibo che può essere nutriente per alcuni può risultare intossicante per altri, e così per altre pratiche di longevità e salute. Correre un’ora tutti i giorni la mattina può essere molto salutare per un giovane di 20 anni, ma deleterio per un anziano di 90, o per un ventenne che sia sovrappeso e abbia problemi di circolazione sanguigna. Un cibo che può essere molto nutriente in sé, come del riso integrale o delle verdure crude, può risultare quasi indigeribile per una persona in convalescenza o con un apparato digestivo debole.
Coltivare salute e longevità quindi non è tanto questione di quanto a lungo si viva e di quali pratiche si seguano, ma piuttosto di quanto sento di star vivendo bene la mia vita. E’ quindi essenzialmente un processo di sviluppo di consapevolezza: da un lato di ascolto del mio corpo e di ciò che può essere adeguato per sostenerlo, e dall’altro verso dove voglio muovere le risorse così generate, per vivere la vita.
Quindi, per compiere significative scelte nella nostra vita, è necessario aver chiaro cosa da un senso alle nostre vite: sono le nostre relazioni sociali, i nostri amori, la carriera e il successo, la dedizione agli altri, la ricchezza? Quanto di quello che facciamo ci comunica un senso di pace e tranquillità e cosa invece agita le nostre vite. E la soluzione non è nemmeno toglierci da cosa ci agita e stare in quello che ci da pace, ma piuttosto riuscire a trovare pace in ciò che agita. Perché probabilmente ciò che ci da pace è un aspetto della vita che abbiamo in qualche modo compiuto e chiarito, mentre ciò che ci agita e che la vita ci propone costituisce il nostro “campo di lavoro”, un ‘area su cui abbiamo ancora da capire e sviluppare consapevolezza.
Questo diviene allora il nostro processo di purificazione (Qing), un percorso grazie al quale riusciamo a vedere con chiarezza laddove prima vedevamo confusione. E le pratiche di Yang Sheng, le pratiche per nutrire la vita, sono questo: un sostengo al nostro percorso di purificazione. Ad esempio, praticando i lenti movimenti del Qi Gong possiamo percepire tensioni inutili nel nostro corpo che lo rendono meno limpido, meno puro, e lasciarle andare; modificando la nostra alimentazione possiamo sentire il nostro corpo diventare più solido e leggero; respirando in un modo diverso la nostra mente può acquisire chiarezza. Allora davvero stiamo nutrendo la nostra vita, nel senso di renderla più essenziale, ma anche più ricca. Attraverso il nostro percorso individuale ci rendiamo conto che il nostro corpo ha molte più possibilità di quelle che pensiamo, e che quando riusciamo ad essere pienamente in contatto con queste possibilità anche la Mente e il Cuore possono espandere i loro orizzonti e andare oltre quelli che prima ci apparivano come confini invalicabili.