Creare

Creare in realtà è dare la possibilità a qualcosa di accadere, di manifestarsi. Ciò che noi “creiamo” in realtà esiste già, ma noi gli diamo la possibilità di esprimersi. Gli diamo voce, gli diamo colore, gli diamo movimento.

Il tema di questo seminario è composto da due parti: manualità e creatività. Sul concetto di manualità, ma sopratutto sulla sua pratica, lavoreremo molto in questi due giorni. Vorrei qui spendere qualche parola sull’idea di creatività e cosa voglia dire creare.

In realtà nessuno crea nulla nel senso letterale del termine, in quanto tutto esiste già, non solo a livello materiale ma anche energetico e spirituale. Quello che noi facciamo “creando” è di consentire ad un aspetto di questo Universo di manifestarsi nel “qui ed ora”, di esprimersi, di manifestarsi.

Spesso nella pratica terapeutica si ha la sensazione che qualcosa “compaia davanti a noi”: può essere l’idea improvvisa di trattare un punto o una zona, un aspetto della diagnosi, una percezione della realtà profonda della persona che abbiamo davanti a noi e che stiamo trattando, una tecnica che non abbiamo mai applicato ed in quel momento ci troviamo ad applicare, una parola che ci sentiamo dire più che aver pensato di dire.

Questi sono secondo me momenti di creatività, momenti in cui l’Universo tramite noi decide di rivelarsi. Uso il termine creatività perché mi pare quello più vicino a percepire quello che accade “rubandolo” dal campo delle arti in senso stretto. Spesso il pittore, il musicista, il compositore, il poeta afferma che semplicemente qualcosa ha iniziato a prendere forma sotto le sue mani o che si è svegliato al mattino con una musica in testa, o che i colori “si sono fatti scegliere” da lui.

L’atto creativo è caratterizzato dall’impossibilità della conservazione e della ripetizione. Non si può ripetere un’opera d’arte come non si può ripetere un bacio, una poesia o un tramonto. Certamente vi possono essere altri baci, altri tramonti e altre opere d’arte, ma queste dovranno essere create e non copiate dall’esistente. Questo è anche il senso di frustrazione che a volte prende l’artista come il terapista: di aver afferrato qualcosa che non può essere afferrato, di doversi re-inventare ogni giorno, ogni trattamento, ogni comprensione; perché ogni comprensione, ogni “illuminazione”, se vogliamo usare una parola più grossa, è istantanea anche se nel contempo è eterna.

Eterna ma non ripetibile. E’ eterna perché è lì per sempre e chiunque vi può avere accesso se trova la via, irripetibile perché è irripetibile l’insieme delle circostanze che ne ha consentita la manifestazione in quel modo unico e specifico.

Ci si può chiedere: come posso essere creativo nei miei trattamenti? Naturalmente vi possono essere diverse risposte; quella che ho ora è che per essere creativi bisogna:

1- credere alla possibilità di creare,

2 – non cercare di capire ma di accettare,

3 – riconoscersi come tramite di una conoscenza piuttosto che gli scopritori di quella conoscenza.

In altre parole richiede umiltà (per poter accettare di essere “solo” un tramite), fiducia in sé e nelle proprie risorse (per poter essere la via di quella conoscenza), coltivazione costante di sé stessi per poter essere un veicolo idoneo a ciò che viene trasmesso.

Detto così può sembrare qualcosa di riservato a grandi illuminati, ma non è così. Proviamo ad applicarlo a qualcosa di molto elementare.

Una mamma alla fine di una gravidanza e con una figlia di alcuni anni lamenta un mal di schiena. La bambina le si avvicina e la tocca, sulla schiena ma magari anche sul collo o sul viso, le sue mani  non hanno subito nessun addestramento ma anche nessun condizionamento e spontaneamente e creativamente sono in grado di portare sollievo al dolore. C’è fiducia istintiva nella possibilità di curare, non c’è nessuna presunzione o aspettativa e c’è ovviamente un atteggiamento di amore verso la madre. Chi ha provato il tocco della mano di un bambino sa quello che dico, e chi non l’ha mai provato, beh è bene che lo provi.

Creare non vuol dire fare grandi cose, ma come ha detto madre Teresa di Calcutta è piuttosto “fare piccole cose con grande amore”.

E per fare cose con grande amore il segreto è mettersi in contatto con il proprio Cuore, con la nostra capacità di sentirci parte del tutto, con la capacità di sentire che il tutto è parte di noi e renderci conto di quanto questa via sia profonda, come recita il capitolo 78 del So Wen:

“La via del Cuore è così profonda.

E’ profonda come l’Oceano e senza confini come il Mare.

Quanti davvero lo sanno?”