Dipendenza e indipendenza

Appena nato, l’essere umano si trova in una condizione di totale dipendenza: la sua vita, la sua possibilità di sopravvivere è totalmente nelle mani di qualcun altro, essenzialmente della madre e del padre. Tranne che per il respiro, dipende da loro in tutto: per mangiare, per dormire, per potersi sentire protetto e riscaldato. Eppure il neonato non si fa prendere da angoscia e panico; si affida fiducioso e totale alla dipendenza, accettandola come una condizione naturale dell’esistenza.
Dall’accettazione di questa condizione di totale dipendenza, si avvia un processo complesso e articolato che porta il bambino a poter sviluppare proprio l’opposto, e cioè una progressiva autonomia e indipendenza. Il bambino impara a sollevarsi, a guardarsi attorno, a stare in piedi e poi a poter camminare, a potersi cioè allontanare da quell’Universo protetto e dipendente del primo anno di vita. E’ un processo lungo e complesso in cui non mancano le difficoltà e i momenti di crisi; normalmente però questo percorso va avanti consentendo al bambino di diventare prima adolescente e poi uomo adulto. Questo passaggio dalla condizione di dipendenza a quella di indipendenza richiede anche la capacità di separarci, di separarci proprio da ciò che ci ha consentito di acquisire la nostra indipendenza: l’adolescente deve separarsi dal proprio genitore e riesce a farlo tanto meglio e tanto meno dolorosamente quanto più lui e il genitore sono stati in grado di coltivare una condizione di supporto e sostegno. Ecco come la dipendenza può portare all’indipendenza.
Non sempre tutto funziona così; se al bambino sono mancati certi sostegni, o se questi sono stati forniti in un modo distorto, potrà restare per sempre dipendente per quanto si allontani fisicamente dai propri genitori.
Questa dinamica di muoversi nella dipendenza per acquisire indipendenza, non riguarda soltanto il rapporto genitori figli, ma più in genere tutte le relazioni affettive dell’essere umano, che esprimono, come quella con i genitori, il bisogno dell’individuo di crescere e acquisire autonomia. Le relazioni amorose, quelle di amicizia, il rapporto allievo insegnante, sono in essenza basate su questa stessa dinamica: qualcuno ci dà quello che noi non abbiamo sostenendoci. O almeno questo è quello che ci pare. Una persona mi ama e sento il suo amore molto nutriente e quindi temo la perdita del suo amore; un amico mi da il suo affetto e il suo tempo e senza di questo mi sento solo e smarrito; un insegnante mi trasmette una conoscenza preziosa e dipendo da lui per poter imparare cose nuove. Quello che sentiamo è che la nostra possibilità di essere amati e di amare, di non sentirci soli, di poter apprendere, dipendono dalla presenza di quella data persona e questo ci porta in uno stato di dipendenza da lei; in certi casi arriviamo al punto di sentire che la nostra vita non avrebbe senso senza di lei. E’ quanto a volte si verifica quando in una coppia che ha speso un’intera vita assieme uno dei due muore; ma può anche essere quello del discepolo che piange la perdita del Maestro che l’ha seguito per decenni.
In alcuni casi questa dipendenza ci infastidisce così profondamente da spingerci ad allontanaci dalla persona che la causa. E’ quello che a volte fa l’adolescente con i genitori: sentendo troppo forte il senso di oppressione, si allontana fisicamente per rimuoverla. Spesso però dovrà poi tornare a fare i conti con una dipendenza che la lontananza fisica non è riuscita a risolvere. Amiamo una persona così tanto da avere paura di questa nostra dipendenza da lei, e allora la allontaniamo, la rifiutiamo, spaventati dal troppo amore. Ci neghiamo di poter vivere la nostra dipendenza perché ci fa paura; salvo poi ritrovarcela nella relazione successiva.
Quello che il neonato sa a livello inconscio, e che noi spesso ci dimentichiamo, è che l’altra persona non ci sta dando realmente qualcosa di suo, ma che attraverso l’amore che ci dà ci aiuta a scoprire dentro di noi delle risorse che non sapevamo di avere, o che comunque non eravamo stati in grado sino a quel momento di coltivare in noi. Nessuno ci può dare ciò che non abbiamo, può solo aiutarci a scoprirlo. Se dentro di me c’è solo odio, nessun amore esterno potrà generare amore; quello che potrà fare è mettermi in contatto con l’amore che c’è in me e dargli modo di crescere. E’ l’immagine del giardiniere che innaffia delle pianticelle consentendo a loro di crescere per quello che sono, o meglio per quello che possono diventare. Quando una persona ci dice che siamo belli o intelligenti, semplicemente sta offrendo spazio alla nostra bellezza e intelligenza affinché possa svilupparsi e crescere.
Quanto siamo in grado di fare la stessa cosa in un a relazione affettiva? Quanto, sentendo di ricevere e di dare amore, impariamo a saper espandere il nostro amore? Quanto sentendoci amati da qualcuno impariamo ad amare noi stessi? Quanto essendo sostenuti nella nostra incompletezza dall’altro impariamo a divenire più completi? Il Maestro Jeffrey Chong Yuen ha detto che “due persone incomplete non fanno una persona completa”; ma io credo che due persone incomplete che si amano e incontrano possano aiutarsi a conseguire la propria completezza. Dando fiducia ad una persona posso aiutarla ad avere fiducia in sé stessa, amandola posso farle scoprire l’amore che c’è in lei, dicendole che è bella o intelligente posso aiutarla a scoprire la sua bellezza e intelligenza. Allora davvero la dipendenza ci guida e porta verso l’indipendenza.
Non bisogna però confondere l’indipendenza con l’idea di non aver bisogno degli altri. Aver bisogno degli altri fa parte della condizione umana ed è una grande lezione di umiltà. E’ sufficiente una piccola malattia, come una febbre o una forte dissenteria, per ricordarci che siamo dipendenti dagli altri. Questa è una delle tante contraddizioni a cui è associato il processo di vivere: diveniamo indipendenti restando comunque dipendenti. In realtà, ad un altro livello, questo tipo di dipendenza è semplicemente la percezione delle infinite connessioni che ci legano agli altri, non più associate necessariamente ad un bisogno, se non fisico. L’anziano che deve essere accudito o il monaco che fa la questua per il suo nutrimento quotidiano, esprimono spesso questa condizione di indipendenza (dell’Anima) pur nella dipendenza (del fisico); ricordandoci che appunto dipendenza e indipendenza sono entrambe espressioni del processo del vivere e della crescita personale.
La vita ci dice che nasciamo in una condizione di totale dipendenza e che questa ci serve per sviluppare le nostre doti di indipendenza, senza dimenticarci mai l’umiltà della dipendenza, del bisogno del supporto degli altri; non come una stampella alla nostra vita acciaccata, ma piuttosto come un trampolino da cui poterci lanciare su spazi infiniti.