Vedere con occhi diversi

cieloGli organi di senso sono lo strumento principale con cui ci mettiamo in relazione con il mondo; la vita di relazione non è concepibile senza i nostri organi di senso e la percezione che abbiamo del mondo è “filtrata” da questi nostri organi. Potremmo dire che per ognuno di noi il mondo è quello che vediamo, annusiamo, assaporiamo, tocchiamo e ascoltiamo.
Solitamente riteniamo che la percezione degli organi di senso sia in qualche modo oggettiva, che quello che noi vediamo, ascoltiamo e assaporiamo sia quello che anche gli altri vedono ascoltano e assaporano; dati oggettivi della percezione di un mondo oggettivo. Ma come percepisce il mondo un neonato fra le braccia della madre? I suoi occhi vedono solo la madre, il suo naso sente solo il buon odore della madre, le sue orecchie sentono solo la voce della madre e la sua bocca assapora solo il latte della madre; per un neonato il mondo intero è la madre, anzi un aspetto particolare della madre, quello di accoglienza e nutrimento. Per questo spesso quando il bimbo piccolo vede il viso di altri piange; piange perché è esposto ad un mondo più vasto e certamente meno rassicurante del seno e del viso materno. Inevitabilmente poi questo mondo entra a fare parte della sua visione e il bimbo viene introdotto a suoni e colori più intensi, anche ad odori e sapori più intensi. E normalmente è necessaria molta gradualità in tutto questo. Il bambino non ama sapori nuovi finché non ha ben compreso quelli iniziali, ma lo stesso vale per le altre percezioni sensoriali. Si avvia un processo di espansione della percezione che continua per tutta la vita, o dovrebbe continuare per tutta la vita.
Proviamo allora a soffermarci sulla percezione visiva, chiedendoci cosa vediamo quando vediamo. Potremmo dire che vediamo quello che siamo in grado di vedere o forse quello che vogliamo vedere, o anche quello che ci hanno insegnato a vedere. Cosa vediamo in una bella giornata di sole in piena estate? Possiamo vedere l’opportunità di fare molti soldi poiché gestiamo un bar di gelati e bibite fresche, oppure una giornata di relax e piacevolezza perché siamo in ferie, oppure una giornata di lavoro particolarmente duro poiché saremo tutto il giorno a raccogliere pomodori nei campi o a lavorare su di un tetto come muratori. Vediamo in funzione di quello che siamo, facciamo e vogliamo. Che cosa vediamo in una bella donna? Una manifestazione della bellezza della vita stessa, l’opportunità di una conquista, una tentazione alla nostra fedeltà coniugale, una persona come tante altre. La mente guida la nostra percezione e la nostra percezione modifica la nostra mente.
Non meno importante è chiedersi che cosa non vediamo quando vediamo. Per renderci conto di quanto sia selettiva la nostra mente nel vedere è sufficiente farsi raccontare da alcuni amici che sono stati in vacanza insieme, ad esempio in un’isola della Tailandia, che cosa hanno “visto” durante la loro vacanza. Alcuni vi parleranno di natura incontaminata e di foreste, altri di negozietti deliziosi in cui si potevano comprare vestiti e gioielli, altri delle meraviglie della cucina locale, altri ancora della gente locale. E’ come se davvero fossero stati in vacanza in luoghi diversi.
Abbiamo tutti una visione limitata del mondo e quando questa visione si espande spesso ci sentiamo turbati e inquieti. Pensiamo di nuovo al bambino che si rende conto ad un certo punto della sua vita dell’esistenza della morte: vede che la formica che ha schiacciato non tornerà mai più in vita, che il nonno che gli hanno detto essersene andato non tornerà mai più a giocare con lui. Alcuni di noi non riescono per tutta la vita a superare questo trauma e continuano a negare in qualche modo l’esistenza della morte, continuano a non vederla per quanto vi siano stati esposti.
Nel pensiero spirituale di molte tradizioni si parla della “notte dell’Anima”, una condizione in cui, avendo espanso la nostra capacità di vedere, siamo sconvolti da ciò che vediamo in quanto ci pare insostenibile; poi lentamente, e non sempre, ci rendiamo conto che riuscendo ad andare oltre l’orrore della prima percezione possiamo penetrare dei misteri che prima ci sfuggivano. Ad esempio una certa consapevolezza della morte ci può portare alla percezione di ciò che sta oltre la morte e di come essa sia parte di un processo e non la fine del tutto. Oppure di fronte alla sofferenza possiamo riuscire a capirne il senso per la nostra evoluzione e crescita personale; ma ci vuole tempo e fede, ed essere disposti a confrontarci con quanto emerge.
Se il confronto ci spaventa ecco che “chiudiamo gli occhi”, ecco che sviluppiamo tensioni e limitazioni che riducono la nostra vista. Ad esempio la zona della base della nuca è molto legata ai nostri occhi e alla nostra percezione e mettendo tensione in questa zona per non vedere certe cose potremmo sviluppare un mal di testa cronico, una cervicalgia, oppure dei disturbi agli occhi stessi. Un modo di rifugiarsi da una visione che ci spaventa è di affidarci a quello che gli altri vedono, a quello che la società, o i genitori, o i nostri Maestri ci hanno detto che è la vita. Abbiamo qualcuno che ci dice cosa è bene e cosa è male, abbiamo qualcuno che ci spiega il significato di ciò che accade nel mondo e tutto questo è molto confortevole; ma anche totalmente falso. Un genitore non è lì per dirci cosa è il mondo, ma per aiutarci a sostenere l’impatto con il mondo che noi vediamo; lo stesso fa un Maestro, non vede quello che noi vediamo ma ci aiuta a sostenere la nostra visione. E genitori e Maestri ad un certo punto ci devono abbandonare, ci devono tradire affinché noi possiamo essere realmente noi stessi e vedere con i nostri occhi. Nella tradizione taoista si pone molta enfasi sul fatto che ogni cammino è un cammino solitario, che ci possono essere a tratti compagni di viaggio che ci supportano e sostengono, ma che ognuno viaggia per la sua strada e con le sue gambe. Ed è qualcosa che sa molto bene anche un genitore; viene un momento in cui il figlio è solo e deve poter vedere con i suoi occhi e camminare con le sue gambe e combattere le sue battaglie, e vincere e perdere e, come dice Ruyard kipling, “rendersi conto che fallimento e gloria sono solo due impostori”. Ma avere il coraggio di vedere non è facile